sabato 15 novembre 2008

Silenzi perfetti

Ultimamente non c'è giorno che sotto la nostra finestra non passi un corteo. La gattina arruffa il pelo e socchiude gli occhi, e lascia che tutto ciò che scorre segua il suo corso; che siano fiumi di fango per diluvi inaspettati, o rabbia e frustazioni umane.
Così mi viene da pensare ai silenzi, talmente rari ormai, che quasi me ne sono dimenticata. I silenzi blu della mia infanzia, così immensi che quasi mi ci perdevo, in cui volavo con la fantasia e navigavo fino a terre sconosciute.
I silenzi rosa in cui resto a bocca aperta ad ammirare la perfezione di un sorriso che mi fa perdere qualche battito di cuore, in singhiozzi d'adorazione per l'uomo che amo.
I silenzi rossi, carichi di rabbia e tensione, che diventano elettricità e impulsi nervosi alla bocca dello stomaco, finchè i muscoli indolenziti non chiedono pietà, e un armistizio, cedendo talvolta alle tartassanti richieste di sicurezze impossibilili, pur di respirare ancora e dimenticare.
I silenzi neri. Ma di questi no, non voglio parlare, perchè appena vengono sfiorati ingoiano tutto nella loro voragine.
I silenzi dorati in cui ti sembra di cogliere una verità; e poi ti accorgi solo che ti è passata accanto, con un battito d'ali leggero come di farfalla, e la sua polvere luminescente ti ha per un istante accecato.
I silenzi grigi, in cui assorbi tutte le lacrime e aspetti, aspetti che qualcuno li spezzi e trasformi quelle sfumature in colori.
I silenzi... bianchi. Candidi e soffici, in cui tutto è perfetto, in cui il silenzio è musica che non ha bisogno del suono, armonia di sorrisi anche solo pensati, e sguardi, sguardi che ti illuminano dentro, aprono porte che non sapevi di possedere, e creano orizzonti nuovi.
Mi cullo in questi pensieri, sospiro e socchiudo gli occhi. Se fossi una pelosetta come Chii, arrufferei anch'io il sottile morbido confine che mi separa dal mondo.
E ora scusate, ma entro nel mio silenzio rosa...
è davvero un piccolo miracolo, di cui non sono mai sazia.
Che ingorda d'amore. E di silenzi.

domenica 5 ottobre 2008

the Reaper whose name is Death

Sono successe molte cose in un lampo. Mi sono trovata sotterrata sotto montagne di sabbiaparole che appena mi muovevo mi affogavano sotto onde impietose, gessandosi in dune di deserti bianchi come fogli e paura. Respiravo poco là sotto, figuriamoci "pensare". I suoni arrivavano attutiti, come attraverso una coltre di neve, ma non era così fredda da volersela scrollare di dosso... mi ci sono abituata, a quella vita sotterranea. Coccolata, amata, al calduccio... protetta. Senza la necessità di un "pensiero".
Poi è passato un vento freddo, e nonostante stessi rannicchiata là sotto, l'ho sentito.
E' diventato sempre più forte, una tempesta. E le gocce di pioggia hanno scavato fin giù... e mi hanno trovato. Gelate, sono arrivate fino al cuore, e ho sentito un brivido.
Così ho capito, che ero io il deserto, ed ero io il temporale, e le ho riconosciute, le mie lacrime.
E guardando in alto, sulla superficie delle cose, ho capito che non volevo risalire. Non ora, ti prego, no... piangevo come una bambina egoista.
Invece è successo, e il deserto è rimasto bianco, scavato dalla pioggia ma bianco, perchè non ci sono parole.
Come spiegare che nonostante qualche gene di distanza, nonostante occhi gialli e una mappa di pelo che ho seguito dall'infanzia fino a poco tempo fa come guida, nella quale mi perdevo accarezzandola e amandola, là, sotto quella pelle ormai tirata e quelle ossa così fragili... c'era mia sorella...?
Mi fa ancora male scriverne.
Forse non potrò mai spiegarlo a parole. Non trovandole per tanto tempo, ho perso fiducia in loro, nel loro potere d'esorcizzare quelle strisce di pioggia che solcano ancora il mio deserto, come righe vuote di un quaderno.
Scusate le poche confuse parole. Forse non le so più usare.

sabato 2 agosto 2008

***30***

Trenta è una cifra cicciotta. Stamattina tra il sonno e la veglia, immaginavo il povero 3 che, non ancora abituato al suo posto, caracollava e inciampava, cadendo sul suo vuoto e diventando un "no" corsivo, con la grafia del primo giorno di scuola. Perchè no? La negazione insita in questo trentesimo anno non mi sembra giustificata. Dopotutto, sono già trentenne da un anno, e da oggi entro nel trentunesimo; solo che non lo sapevo, o almeno non lo sentivo. E dopotutto l'importante è questo: porterò ancora il cappello con le orecchie da gatto, d'inverno. E d'estate le mie scaciatissime sinocrocs rosso scambiato. E continuerò a disegnare pupazzetti strambi, a dipingerli magari sulle mie scarpe con un pennellino intinto nel lucido nero testa di moro, e a sognare a colori tutte le mille vite che mi porto dentro, compreso quel racconto per bambini che ho lasciato a metà e che ogni tanto ritrovo sparso in vecchie agendine sdrucite.

La mia mente parla ancora i linguaggi delle crisalidi, ed è pronta per mille nuovi risvegli.

venerdì 25 luglio 2008

Cuscino speciale


Vi assicuro che è pelosissimamente morbido e comodo, ottimo per chi ha problemi di osso sacro. Lavabile a secco, ecologico, elettrostatico, vibrante, si ricarica con batterie a base di tonno e misto mare. Una unica controindicazione: a volte punge.

mercoledì 2 luglio 2008

CRASH DI SISTEMA

Sono e sarà sempre niubba, in tutte le materie e in tutti gli ambiti. Perchè oltre ad avere l'unica certezza di essere ignorante in fin troppe cose, le stesse cose che conosco... le dimentico con una facilità impressionante. Credo che il mio cervello pensante si sia atrofizzato. Mi sa che ormai faccio tutto in automatico, grazie alle funzioni del cervelletto. Sarà il caldo? O l'età? O il lavoro? O un mix intossicante di queste tre cose?

Negli ultimi tempi lavoro talmente tanto al PC che il mio cervello ha cominciato a mimare il funzionamento di Windows. Se faccio due cose contemporaneamente, in una delle due mi blocco come se fossi stata ipnotizzata, o agisco in slow motion. Tipo lavare i piatti mentre guardo Green Mansions con Audrey Hepburn. Perchè poi alla fine lei muore. O no? Il bicchiere insaponato resta pericolosamente sospeso, trattenuto solo in un angolino dal guanto di plastica giallo Pikachu.

Poi me ne accorgo e ricomincio a sciacquarlo, piatto, pentola, forchette.... piatto.... Ma anche lui è morto allora? Il piatto raggiunge un precario equilibrio semiappoggiato sull'angolo del lavello. Cavolo, sì che deve essere morto, oppure si è preso delle droghe pesanti per veder fiorire gigli bianchi nella foresta e vincere contro un indio forzuto, armato e perfido...

Il piatto cade e urta la padella. Un'altra incrinatura, forse quella fatale. Porca paletta, ho tutti i piatti fondi scheggiati ai bordi.

E così mentre sto studiando costituzionale. Passa un ambulanza, Marco si affaccia al balcone, "Ma che si è fermata sotto da noi?", rientra, mi parla dei colpi di calore ai vecchietti, del cagnolino della vicina al terzo piano che abbaia un pò troppo e forse sarebbe il caso di chiamare la Protezione animali.... Ma la mia mente non afferra altro che la differenza tra legislazione concorrente e residuale tra Stato e Regioni. Poi, dopo circa cinque minuti, mi viene il dubbio. "Ma mi hai detto qualcosa?". Ho sposato un santo.

mercoledì 18 giugno 2008

La luce dentro alle persone


Banana Yoshimoto mi lascia addosso sempre una sensazione un pò vaga, come una storia di cui dimentico la trama, come una pellicola leggera di parole che si stacca dalla mia pelle per mostrarmi sotto una nuova lucida me stessa. Nell'istante stesso in cui poi si esauriscono le pagine, avviene un subitaneo tabula rasa, e mi stupisco di com'è semplice dimenticare le parole, lasciando invece accumulare nel profondo le sensazioni. La mia nuova pelle diventa subito opaca e grigia, e comincia a tornare la corazza di sempre. Però dentro, come un'eco morbida e potente, rimane un senso di miracolo, di ingenua grazia fragile e inaspettata, e una luce calda e soffusa mi si deposita nel cuore. Danza assieme alle scintille di mille altre voci, e canta una vecchia ballata medievale che addormenta l'ombra come una ninna nanna. Chissà se lo spirito può sorridere: quando sento questa luce dentro, ho la sensazione che sia possibile.

E poi, a volte, questa luce filtra attraverso gli specchi dell'anima; vibra di meraviglia come il riflesso della luna in fondo a un pozzo, alla notizia che dentro il ventre di una persona cara sta nascendo una microscopica vita. O esonda maree di gioia, piccoli torrenti di lacrime nati chissà dove, dall'oceano che ciascuno custodisce dentro come ricordo primordiale di materno amore. E l'attimo che innesca questa esplosiva reazione spirito-corpo, che sconvolge e rimescola tutto, può anche essere una semplice notizia che appare sul display di un telefonino, mentre una coccinella distratta si posa sul vetro e vibra le antenne all'unisono col battere del tuo cuore.

Ma come si fa a non credere nei miracoli?